Intervista ad Amerigo Bianchetti, preparatore dei portieri del Ceriale Progetto Calcio
Il ruolo del portiere spesso viene sottostimato, il numero 1 passa troppo spesso in secondo piano in caso di esito positivo del match ma, allo stesso modo, viene anche messo facilmente alla gogna in caso di sconfitta.
Nel calcio moderno si sta assistendo ad una reinterpretazione del ruolo, coprendo porzioni di campo sempre più ampie, analizzando eventuali sviluppi di gioco – anche ricorrendo ad interventi fuori area – o reimpostando le ripartenze.
Abbiamo coinvolto in questo dibattito Amerigo Bianchetti, preparatore dei portieri del Ceriale e gli abbiamo fatto qualche domanda su questo importantissimo ruolo.
Quali qualità dovrebbe avere un portiere che possa essere un titolare affidabile per la sua squadra?
“Per arrivare a giocare in una Prima Squadra il portiere deve aver già dimostrato nelle giovanili – allievi e juniores – di avere delle qualità caratteriali, tecniche, tattiche e podaliche tali da poter esordire. Queste sono le basi alle quali vanno aggiunte la voglia di allenarsi, di mettersi in discussione e di imparare dai propri errori.
Se un ragazzo arriva da me già nel settore giovanile ho modo di lavorare sui primi aspetti, di giudicare se sarà in grado di far parte della rosa della Prima Squadra ed essere un titolare affidabile come molti dei nostri portieri”.
E dal punto di vista caratteriale?
“Beh, importantissima la capacità di passare sopra un errore. Sappiamo tutti che quando un portiere sbaglia la palla va in goal quindi deve necessariamente cancellare l’errore e andare avanti perché la partita dura 90 minuti e un portiere non può perdersi.
Poi, secondo me, un portiere dovrebbe essere anche un leader: avere la capacità di parlare alla difesa, di parlare alla squadra”.
E’ abitudine nelle varie formazioni far giocare un portiere giovane per avere più “vecchi” in movimento. Quali sono i pro e i contro di una scelta del genere per i giovani portieri?
“Questo è un discorso aperto tra noi preparatori dei portieri…che dire? Tantissime squadre puntano sul portiere giovane e noi come Ceriale abbiamo sempre avuto la fortuna di avere dei portieri giovani di livello che quindi avrebbero potuto tranquillamente fare i titolari a scapito dei più vecchi.
Il lato opposto della medaglia è che un portiere di 19 anni si ritrova ad essere già considerato “vecchio” e ad aver difficoltà a trovare spazio in altre squadre.
Secondo me la via di mezzo ci deve essere: se hai la fortuna di avere un portiere giovane, bravo ed affidabile è giusto che giochi, d’altro canto c’è tanta “emarginazione” verso i portieri fuori quota. Alcuni hanno smesso di giocare, altri hanno cambiato ruolo giocando fuori dai pali o sono andati in categorie minori pur avendo le qualità per ambire a ben altri campionati.
Io credo che ci debba essere più meritocrazia ed il portiere più bravo debba sempre giocare, ma fa male al cuore vedere dei giocatori in categorie più basse dove non c’è la regola degli “under” e non in Promozione o Eccellenza dove vengono preferiti portieri più giovani con qualità inferiori. In ogni caso sono scelte degli allenatori e, come tali, vanno rispettate”.
Un altro ruolo delicato è quello del dodicesimo, il quale spesso si ritrova a giocare pochissimo. Come si gestisce una situazione del genere?
“Quello del dodicesimo è davvero un ruolo delicato! Anche a me è capitato di fare il 12 e in panchina non si sta mai bene… Il ruolo del 12 è diverso dal 13, 14 o 15 che hanno sempre opportunità di entrare. Lui subentra solo se il portiere titolare si fa male o in situazioni particolare quindi la sua gestione è la più difficile in assoluto per quel che concerne il parco giocatori.
Io ho sempre avuto la fortuna di trovare ragazzi intelligenti che hanno accettato questa situazione, magari a denti stretti. Io cerco sempre di dare pari importanza ad entrambi e ricordare al 12 che arriverà anche il suo momento, di stringere i denti e lottare. Inoltre, se hai un 12 giovane hai anche la possibilità di farlo giocare ogni tanto con la Juniores ed agevola la situazione”.
Come si può aiutare un giocatore ad affrontare la settimana?
“E’ importante affrontare la settimana insieme al mister della Prima Squadra: un portiere si atteggia in maniera differente se si deve rapportare ad una difesa a 3 o a 4 quindi si capisce con il Mister con che modulo preferisce giocare e come vuole gestire le ripartenze e quindi ci si allena di conseguenza. Tutte le dinamiche della partita vengono affrontate insieme all’allenatore. Ci tengo a sottolineare che l’allenamento con il preparatore dei portieri è importante, ma lo è altrettanto lavorare con la squadra. E’ fondamentale che ci sia un interscambio di idee tra il preparatore ed il mister e tante esercitazioni vengono preparate proprio in funzione di questo (cross, ripartenze, schemi etc). Non dirò mai abbastanza che il miglior allenamento del portiere è quello fatto con la squadra e la partita che è un’esperienza che fa crescere”.
E dal punto di vista mentale?
“La si può allenare dando fiducia al portiere, credendo nelle sue capacità e non facendolo abbattere al primo errore quindi deve capire che ha dalla sua l’appoggio di Mister e compagni”.
Tra i portieri leggenda della storia del calcio, quali sono quelli che ammiri maggiormente?
“Faccio riferimento solo a quelli italiani. Zoff per me è una leggenda. Ho avuto modo di vederlo giocare due volte a Genova da dietro la porta e vedere come era sempre piazzato rispetto a dove era la palla è qualcosa di incredibile. Poi metterei Buffon il quale non si può assolutamente discutere come portiere e poi Marchegiani, un giocatore di un’intelligenza e con una capacità di uscite alte che pochi al mondo hanno.
Infine c’è un altro portiere che voglio nominare, e chi mi conosce sa la mia grande passione per l’attacco alla palla e l’atteggiamento in campo, ed è Lupatelli del Chievo”.
Sul nostro territorio ci sono dei portieri che ti piacciono particolarmente?
“Ce ne sono tanti… Sicuramente Alberto Moraglio, quest’anno in forza alla Cairese è un portiere straordinario: si allena sempre a mille, ha sempre voglia di imparare pur essendo nel calcio da tantissimo tempo ed è sempre a livelli top.
Paolo Maria Bambino dell’Albenga l’ho visto giocare una sola volta, ma mi ha impressionato.
Poi Marco Alberico, un portiere di esperienza per il quale ho una grandissima stima. Ho avuto la fortuna di allenarlo anni fa ed ha esordito con i nostri colori da ragazzino, è sempre andato avanti, si è sempre migliorato. Lo ammiro molto, l’ultima volta che è stato a Ceriale a volte non ha giocato per lasciare il posto a Breewer, ma da parte sua mai nessuna invidia anzi, lo ha sempre aiutato a crescere”.
Che approccio utilizzi con i più piccini che hanno le prime esperienze con questo ruolo?
“Quella dei più piccini è una categoria straordinaria! L’approccio è completamente differente, sia dal punto di vista verbale che gestuale e motorio. Bisogna mettere in preventivo che il tempo della loro soglia di attenzione è minimo e quindi io mi relaziono con loro attraverso il gioco ed il divertimento: tanti piccoli giochini, con allenamenti dedicati alla motoria e alla coordinazione e piano piano si inserisce la tecnica”.
Il parco portieri del Ceriale è davvero invidiabile. Dalla Prima Squadra al settore giovanile ci sono molti atleti allenati da te che stanno dimostrando grandi capacità. qual è la tua ricetta vincente?
“Il parco portieri del Ceriale in questi anni è stato davvero invidiabile, me ne prendo una parte dei meriti, ma una grandissima parte va alla società che mi ha dato la possibilità di fare un percorso di crescita lineare. Sotto certi punti di vista è brutto vedere alcuni elementi andare via perché contattati da altre società (Vado, Savona, Genoa sono degli esempi), ma altri hanno avuto modo di esordire nella nostra Prima Squadra facendo tutto il percorso completo.
Credo che il Ceriale sia assolutamente la società che ha fatto esordire più portieri provenienti dal proprio settore giovanile. Addirittura abbiamo casi di ragazzi scartati da altre realtà che sono venuti da noi e poi hanno esordito anche in serie D. Questo è un record piuttosto invidiabile, ma non c’è una ricetta vincente; solo la voglia di lavorare, di aggiornarsi per il mister e seguire un percorso a lungo termine. Non è solo merito mio, anche gli allenatori delle singole squadre hanno giocato un ruolo importante perché quasi mai hanno addossato colpe al portiere e questo vuol dire dar tranquillità e concedere la possibilità di provare in partita e di crescere”.